Ecco Luca. Vedete l’espressione? Eravamo a casa di mio padre, stavamo aspettando che tutto fosse pronto per la cena della Vigilia di Natale e lui aveva già adocchiato il primo previsto: gnocchi di semolino. Non li aveva mai assaggiati, ma Luca è eccezionale nel capire lontano un miglio cosa gli piacerà e cosa no. Come molte persone autistiche ama mangiare. Il cibo per lui è importante; spesso è un riempimento, un modo di calmare l’ansia, un momento comunque di appagamento e soddisfazione. Luca aveva intuito già solo guardando che gli gnocchi di semolino non gli sarebbero piaciuti. Così è stato. Ha assaggiato solo un mezzo boccone e ha sputato disgustato il tutto nel piatto. In modo plateale ed inequivocabile.
Andare a cena da qualcuno con un ragazzino autistico è molto rischioso. Luca ieri sera ha reagito bene, aspettando pazientemente l’arrivo del secondo, per fortuna di suo gradimento; poteva però succedere, come è successo altre volte, che questo imprevisto negativo innescasse in lui (già affamato e stanco di aspettare) una serie di reazioni negative, quelle che i medici chiamano “comportamenti-problema”.
Il mio consiglio? Al diavolo la buona educazione….se qualcuno vi invita a cena parlate molto francamente e chiedete di prevedere nel menu qualcosa che siete sicuri che vostro figlio mangia volentieri.
Pregate poi i vostri amici o parenti di darvi un orario preciso sull’inizio del pranzo o della cena e regolatevi di conseguenza: potrete prevedere una merenda più abbondante nel pomeriggio per fare arrivare il bambino dai vostri ospiti senza un appetito stratosferico, o potrete al contrario contare proprio sull’inizio del pasto per fargli associare un ambiente nuovo a qualcosa di positivo e gratificante come il cibo.
Mi sono inibita tanti pranzi e cene da amici e parenti, in questi dieci anni. Era faticoso “gestire” Luca, non era piacevole condizionare altre persone e non ero mai comunque completamente sicura di come sarebbe andata la serata.
Ora ho preso più coraggio e sono più disinvolta. La mia è la volontà di far vivere a mio figlio le normali esperienze della vita e di contribuire ad “abituare” le persone che mi circondano a vivere con naturalezza il contatto con le persone con autismo.
Elisabetta Tonini