Salve a tutti e ben trovati per continuare insieme il nostro percorso, in merito a questo delicatissimo argomento.
Confesso, ero preoccupata; ho pensato: “e se non riuscissi a trovare sempre l’intuizione giusta per il pezzo dedicato alla rubrica, come faro’ ad aiutare i genitori che si troveranno ad affrontare la mia stessa esperienza?” ( un tantino presuntuosa, penserete…)
Non mi sono persa d’animo, e come sempre il confronto e’ vincente. Infatti dopo una lunga ed esaustiva chiacchierata in chat con la nostra comune amica Elisabetta, ho pensato di proporvi una serie di domande con l’intento di produrre spunti per una riflessione collettiva e, attraverso la condivisione di esperienze vissute, dove tutti si possano ritrovare, provare a trovare una o più soluzioni….
QUESTIONS:
“E se ci sono altri figli?”
“Cosa fare per avere il giusto equilibrio affinche’ i fratelli e le sorelle normodotati possano vivere con spensieratezza la loro vita senza sentirsi sopraffatti?”
E’ inutile negarlo, ma quando in una famiglia nasce un figlio disabile piu’ o meno grave, l’intero nucleo viene investito da questa pesante situazione; ma mentre i genitori, dopo la prima fase di stordimento, poi si rimboccano le maniche e lavorano per aiutare il figlio più bisognoso di cure, ai fratelli cosa succede?
Come affrontano emotivamente questa realta’ difficile e “scomoda” da accettare? Chi si preoccupa di loro e come?
Di solito noi genitori (ma anche i nonni, gli zii, etc) pensiamo che gli altri nostri figli, quelli cosiddetti normali, siano fortunati rispetto ai loro fratelli disabili, quindi capaci di capire la situazione e di adeguarsi; di conseguenza quello che accade si posiziona tra questi due estremi:
1. I genitori (soprattutto la madre) concentrano le loro attenzioni sul figlio disabile, “delegando” la crescita del figlio normodotato ai nonni o alle baby sitter per mancanza di tempo.
2. I genitori coinvolgono il figlio/a normodotato caricandolo emotivamente e/o fisicamente a prendersi fin da subito la responsabilita’ del fratello/sorella in difficoltà, tanto da farlo diventare fin troppo maturo e sensibile.
Quindi per concludere, vi chiedo nuovamente:
Cosa fare per avere un giusto equilibrio? Ma soprattutto, chi e come ci può aiutare a fare ciò?
E’ una domanda aperta, è un cammino da fare insieme, per trovare risposte e, se possibile, soluzioni utili per tutti.
Vi abbraccio, alla prossima.
Rosa Capezza
on Apr 7th at 21:17
Giustissimo quello che hai scritto, Rosa….Iniziare a parlarne è già qualcosa. Io un’idea ce l’avrei: dovremmo fare in modo che i nostri figli “non autistici” si frequentino in qualche modo (ovviamente per lo più per età vicine…) ; questo potrebbe essere un modo naturale per farli crescere con la consapevolezza che qualcuno li capirà sempre….
on Apr 7th at 22:45
Si…. il mio desiderio piu’ grande? fargli arrivare come messaggio che c’e’ qualcuno che li pensa <3